THE SUBSTANCE (2024) DI CORALIE FARGEAT

Un Freaks Show  non convincente

 

 

Continua l’indagine sulla mutazione dei corpi.

Da Crimes of the Future (David Cronenberg, 2022) e il precedente Titane (Julia Ducournau, 2022) il body-horror è ormai sistemico in un cinema  che ambisce alla legittimazione critica attraversando in questo caso  il parallelismo nascita/disgregazione.

Grazie a Coralie Fargeat torniamo alle origini del progetto Cinepeep, nei meandri più oscuri della settima arte in cui il disgusto e la putrescenza vengono elevati a opera d’arte e strumento di lotta contro il politicamente corretto, cancro dell’audiovisivo contemporaneo … e forse non solo.

 

Ma The Substance ha una tale forza eversiva?

 

Il film di Coralie Fargeat (francese come Julia Ducournau) è un connubio tra il dissacrante attacco al potere di Society;The Horror, Brian Yuzna, 1989 e l’indagine sul potere alienante dell’audiovisivo di  Videodrome, David Cronenberg, 1983,  con una sequenza ispirata, in modo fin troppo evidente, a Carrie; lo sguardo di Satana, Brian De Palma, 1976. Altri temi centrali sono la tematica del doppio ispirata a Il ritratto di Dorian Gray di Oscar Wilde o Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde di Robert Louis Stevenson oltre alla critica sul taglio patriarcale e la mercificazione del corpo femminile.

 

Tuttavia se le tematiche ci appaiono decisamente chiare è necessario chiedersi se Fargeat riesca a svilupparle in modo autonomo dando un contributo a un universo come il body-horror ormai ben strutturato dal punto di vista narrativo/filosofico.

In questo percorso ci viene incontro La teoria della grande accelerazione, sviluppata dal sociologo tedesco Harbunt Rosa, in cui si analizza la vita moderna, la sua tendenza ad accellerare le dinamiche sociali, la sensazione diffusa di mancanza di tempo e la città nel suo rapporto antropocentrico.

 

Tale mancanza di tempo in The Substance è direttamente legata al corpo in relazione al suo invecchiamento e al suo potere generativo attraverso il parto di Sue … alter-ego più giovane e più avvenente di Elisabeth.

La mutazione generativa dei corpi ( già in Alien di Ridley Scott del 1979 o, in senso lato, in Rosemary's Baby - Nastro rosso a New York, di Roman Polansky del 1968) fa perdere ad Elisabeth/Sue la facoltà di autodeterminazione propria dell’essere umano, portando l’intero film verso un Freaks Show esasperato fino al limite e proprio per tale esasperazione  è necessario chiedersi se il mostro in The Substance porti con sé un orrore  privo di significati interni a differenza di Elephant men ( David Lynch, 1981 ) in cui il protagonista lotta per conservare la propria umanità o in Tetsuo ( Shin'ya Tsukamoto, 1989) in cui l’ammasso deforme di ferro rappresenta l’alienazione dell’uomo contemporaneo, in particolare per una società iper-tecnologica come quella giapponese.

Il corpo è una merce, la bellezza è una merce … persino il futuro è una merce e proprio nel momento cardine della narrazione Fargeat fallisce il proprio intento. Riconoscendogli un’innegabile capacità di usare il cinema in modo espressivo non riesce a esprimere in modo convincente il proprio approccio alle tematiche fin qui espresse. The Substance può essere letto in chiave femminista solo considerando la volontà della stessa Fargeat di indagare la mercificazione del corpo portando un’aspra critica alle stesse donne che non se ne sottraggono … un femminismo tuttavia debole e autoreferenziale.

 

In conclusione un film che merita attenzione ma che non porta avanti in modo convincente né la riflessione sul corpo femminile né lo sguardo patriarcale che lo investe.


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 Claudio Suriani Filmmaker