CIVIL WAR (2024) DI ALEX GARLAND 

IL VALORE TESTIMONIALE DELL'IMMAGINE ANALOGICA

 

 

 

Nel suo ultimo lavoro Alex Garland ci propone un’opera complessa in grado di andare oltre l' apparenza lineare, conquistando spazi di libertà all’interno di un mondo spesso opprimente come il cinema Blockbuster americano, rendendo evidente una verità non più trascurabile: lo scenario catastrofico del cinema meainstream a stelle e strisce è divenuto realtà.

La trama è la seguente: negli USA scoppia una sanguinosa guerra civile tra gli stati fedeli al Presidente e quelli secessionisti (tra cui il Texas e la California) alleati con la Western Forces e l’alleanza della Florida, con più di un'analogia con le famigerate vicende di Capitol Hill.

Siamo quindi immersi in tematiche drammaticamente attuali che riguardano la società americana come la radicata cultura delle armi da fuoco o la perdita di centralità nel panorama geopolitico internazionale, ma anche la totale e irreversibile sconfitta delle tecnologie digitali come strumento di libertà e democrazia e un auspicabile ritorno a quelle analogiche attraverso il personaggio di Lee Smith (interpretata da Kristen Dust).

Nonostante vada chiarito che i più importanti studi estetici sul tema affermino che solo attraverso l’uso di diversi formati di immagini possa emergere il valore testimoniale di un’opera (si pensi al film Redacted – Brian De Palma, 2007) Alex Garland propone un punto di vista tipicamente giornalistico: la foto testimoniale documenta, prima di tutto, il rischio che il foto-operatore corre per scattarla.

L’occhio è al centro di Civil War che, al pari dello sguardo umano, necessita di lavoro costruendo un parallelismo tra lo sviluppo fotografico e l’elaborazione psicologica. Lo sguardo analogico porta con sé il tema della fisicità e dell’essere presenti con il corpo dove il fatto accade creando un legame inevitabile con gli orrori del mondo ... elemento estraneo a ogni forma di tecnologia digitale (si pensi all’importanza dei droni nelle guerre contemporanee).

Se la proposta di un valore testimoniale dell’immagine fotografica analogica (termine inteso nella sua doppia accezione, umana e tecnologica) risulta essere il tema portante dell’intero film, emergono numerosi sotto testi, questa volta tipici del cinema americano contemporaneo tra cui il più rilevante è la nascita di una corrente autoriale all’interno del Blockbuster.

Autori come Denise Villeneuve, Chirstopher Nolan, Yorgos Lanthimos e Alex Garland dimostrano come l’industria cinematografica americana abbia avuto non solo la capacità di differenziare in modo capillare l’offerta al grande pubblico ma possieda al suo interno spazi di libertà per i propri registi e le filmografie di quelli citati dimostrano come tali spazi creativi siano il frutto di un lavoro narrativo e visivo meticoloso, e nel cinema di Lanthimos ciò appare in tutta la sua forza ma anche Garland ci sembra riesca a cadere in piedi in questo rapporto al punto che anche le problematicità di Civil War si possano aprire a una riflessione e non a una critica senza appello.

Il primo rischio è che Civil War ci appaia come un Istant movie (un’opera costruita ad arte per sfruttare le paure contemporanee).

Nonostante sia evidente che la casa di produzione (la A24) abbia voluto cavalcare tale onda, l’essersi affidato a un regista come Alex Garland e non a Zack Snyder o Antony e Joe Russo, registi simbolo della Hollywood più consumistica e del tutto privi di valore autoriale, ci sembra indicativo della volontà di parlare al grande pubblico senza rinunciare a un raffinato sguardo d'autore sulla contemporaneità come nei già recensiti La zona d’interesse (Jonathan Glazer, 2023), The Whale (Darren Aronowsky, 2022) e A Ghost Story (David Lowery, 2017).

In alcuni passaggi di Civil War riscontriamo un'estetizzazione della morte in cui spesso il cinema americano rischia di cadere. E' doveroso interrogarsi se tale lezione della critica francese sia ancora attuale alla luce del mutato ruolo delle immagini nella società odierna.

Se la sequenza della fossa comune ricalca in modo evidente le problematiche di Kapò, è altrettanto vero che nel momento in cui Garland auspica un ritorno all’immagine analogica attraverso le caratteristiche descritte in precedenza (elaborazione, sguardo, fisicità e rischio) riesce ad andare oltre la riflessione morale dell'opera di Pontecorvo.

In conclusione Civil War ci sembra un'opera coraggiosa che punta alla coesistenza dinamica di cinema blockbuster e autorialità spesso ritenute inconciliabili, a trasformare la natura profonda del racconto catastrofico (da fantascientifico ad attuale), a superare dettami estetici della critica pur aprendo un dibattito sulla riuscita dell’operazione e infine a portare all’interno del cinema meainstream la riflessione sul valore testimoniale dell’immagine fotografica analogica versus l'anestetizzante immagine digitale che trasforma anche la più sanguinosa delle guerre in un enorme videogame.

 

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Claudio Suriani Filmmaker